Intro
Voglio raccontare qui un'avventura e una piccola ricerca, non ancora conclusa, nata per caso grazie all'amico Pippo, continuata grazie a informazioni e contraddizioni trovate in rete, da documenti importantissimi trovati dall'amico Tokkio, e addirittura tramite uno scambio di mail con un gentilissimo ex senatore della repubblica. Insomma un vero lavoro di squadra.Si tratta delle persone e degli avvenimenti che resero il periodo attorno al 1978 in Italia fondamentale per tutto quello che succedesse nel seguito, e non solo nel nostro paese. E di un piccolo mistero che, anche se non si potra' mai risolvere, credo sia importante mettere in maggiore luce.
Come al solito, dichiaro la mia totale incompetenza in merito. Racconto quello che ho imparato in rete (perche' all'epoca non c'ero e nei corsi di Storia non ci si arriva) sopratutto per fissare le idee, e poi sperando che queste possano essere utili a qualche curioso la' fuori. Tutto qui.
Il 1978
Il rapimento di Aldo Moro il 16 marzo 1978 fu davvero un punto di svolta per il nostro povero paese. Per farla breve, cosa che tanto non mi riuscira', erano tempi, quelli, di crisi e insicurezza sia a livello nazionale che internazionale.
All'interno, il terrorismo delle brigate rosse imperava con violenza crescente, tanto da mettere in scacco con successo l'intera classe politica e la societa'. Basti pensare al processo di Torino del 1976 e alle intimidazioni che impedivano di trovare cittadini disposti a far parte della giuria popolare (e del coraggio dell'allora presidente dei Radicali, Adelaide Aglietta, che sorteggiata accetto' la responsabilita' e il rischio permettendo finalmente lo svolgersi del processo).
All'esterno guerra fredda, missili nucleari, spie transatlantiche, comunismo e capitalismo combattono apertamente.
Il PCI di Berlinguer stava diventando o era gia' diventato il piu' potente partito comunista in Europa, e anche se aveva preso le distanze dalla Russia e dal PCUS sovietico, rimaneva sempre un pericolo per tutti coloro i quali, in testa gli USA, stavano dalla parte opposta della cortina di ferro.
Il PCI, insomma, con le sue nette aperture democratiche e rotture col comunismo monopartitico sovietico (come successe a Mosca, "lo strappo", nel '76), era una ormai possibile e pericolosissima testa di ponte per le maledette idee rosse nell'occidente in cui l'alleanza atlantica voleva e doveva imperare sola e incontrastata. Un'Italia comunista, anche se comunista europea e illuminata democraticamente, era un pericolo troppo forte. Di questo gli USA non ne fecero mai segreto.
Berlinguer, Moro e Andreotti
Berlinguer e' l'attore principale di questa svolta in quegli anni. Dopo essere sfuggito a un attentato in Bulgaria, nel '73, ripresosi dalla convalescenza scrive degli articoli decisivi in cui delinea quello che passera' con il nome di compromesso storico. I comunisti di Berlinguer sono pronti all'apertura, al colloquio, e alla fine a governare con quella parte della societa' italiana cattolica piu' aperta, impersonata, all'interno della DC, da Aldo Moro.
DC che regnava da trent'anni incontrastata, con l'appoggio americano e ovviamente vaticano.
Moro diventa, all'interno delle mille e contrastanti correnti della DC, il naturale, per altezza di animo e intelletto aggiungerei, interlocutore di Berlinguer. E' lui il primo a parlare elegantemente ed non-euclideanamente di "convergenze parallele". Le correnti interne della DC fremevano. Andreotti, tra gli scranni della DC, sedeva sull'altra sponda, quella atlantica e vaticana. Cosa che non ha mai smesso di fare ad oggi, con cento pesanti anni di esperienza sulla schiena.
Siamo quindi all'inizio 1978, Andreotti e' primo ministro del suo terzo governo. E' il governo degli appoggi esterni, sopratutto da parte del PCI, fatti tramite non la fiducia ma l'astensione. Invenzione, questa, tutta italiana e vista dall'estero come una curiosita' colorita e stupefacente, alla stregua di un nuovo tipo di pizza.
Le elezioni, anticipate ovviamente, del '76 avevano dato al PCI l'apice del suo successo, pur di poco dietro alla DC, che pero' ormai non puo' piu' non fare i conti con i comunisti. A inizio anno '78 finalmente gli appoggi saltano, e il PCI e' sempre piu' in corsa verso una seria e completa presa di responsabilita'. Forse non ancora pronto per entrare nel governo con dei ministri, ma dell'entrata chiara nella maggioranza ormai e' tempo. La cosa implicava sacrifici e compromessi da entrambe le parti.
Ad Andreotti e' ancora dato il compito di formare un nuovo governo, a cui il PCI dovrebbe dare appoggio. Questi erano i patti a cui Moro e Berlinguer erano riusciti ad approdare.
Ovvio che in entrambi i partiti i malumori delle correnti interne rispetto all'apertura verso il nemico storico erano forti, speculari, e da guarire da parte dei due leader. Nella DC, la stessa scelta di Andreotti come presidente del consiglio incaricato, andava in quella direzione.
Quello che succede nei giorni precedenti il sequestro di Moro, e in quella stessa mattina, e' l'oggetto della mia curiosita'.
Andreotti, quindi, si appresta a guidare un governo, il suo quarto, cui il PCI dara' appoggio. Questa solidarieta' nazionale sara' l'unica via di uscita dalla crisi politica e sociale (fuori dal parlamento si muore di pallottole, si fanno scioperi e manifestazioni). Ma Andreotti evidentemente non era della stessa linea di Moro, e quella si rivelo' non essere la sola via di uscita possibile alla crisi.
In tale quadro, infatti, non si spiega bene la scelta di Andreotti di consegnare, dopo averla cambiata solo la sera prima della presentazione alle camere, una lista di ministri che suonava come una provocazione al PCI. La compagine presentava poche novita' rispetto a quella precedente e nessuna di quelle avanzate dal PCI. Aveva inoltre alcuni nomi (tra cui Bisaglia, Donat Cattin e Stammati e forse altri) invisi apertamente ai comunisti, perche' apertamente contrari all'apertura a sinistra della DC.
Andreotti non era nuovo a questi colpi sulle costole. All'inizio del suo precedente governo (il terzo), nell'agosto del 1977, fuggiva da un ospedale militare di Roma H.Kappler, criminale di guerra responsabile della strage alle fosse ardeatine. Il PCI chiede le dimissioni del ministro della giustizia Vito Lattanzio. La mossa stupefacente del governo dopo le dimissioni del ministro e' di mettere al suo posto Attilio Ruffini, che era ministro dei trasporti e, ad interim, della marina mercantile, e di assegnare questi due ministeri allo stesso Lattanzio. Perdi uno, prendi due.
Quindi, tornando al '78, Andreotti presenta una lista cambiata in una notte e invisa a quella parte di parlamento cui Moro aveva aperto e che avrebbe dovuto dargli l'appoggio decisivo. Non sembra da questo punto di vista la migliore strategia per concludere la crisi che esagitava il paese da tempo.
Il discorso che berlinguer non pronuncio'
Berlinguer, dopo aver visionato questa lista dei ministri, presentata l'11 marzo 1978 da Andreotti, inizia a scrivere il discorso che avrebbe poi pronunciato il 16 marzo, giorno in cui Andreotti avrebbe fatto la presentazione ufficiale del governo, e in cui l'aula avrebbe discusso e poi votato la fiducia.
Quel discorso non fu mai pronunciato. La mattina stessa della discussione in aula, il 16 marzo, Moro viene rapito, gli uomini della scorta massacrati, e con lui le brigate rosse si portano via per sempre le speranze del PCI di entrare attivamente nelle responsabilita' di governo del nostro povero paese.
La direzione del PCI, come di tutti i partiti, e' sconvolta. Tutta l'agenda politica della giornata e' stravolta. Il PCI stesso chiede di tagliare i tempi alla camera, in modo da votare immediatamente la fiducia al nuovo governo, per dare pieni e immediati poteri allo Stato in quel momento di tragica emergenza. Come si sa, la cosa non servira' a nulla. Moro verra' ucciso e il suo corpo fatto ritrovare in un posto che simboleggia la sua colpa di aver voluto avvicinare DC e PCI, comunismo e capitalismo, USA e URSS, diavoli e santi.
Quello che mi pareva interessante di questa storia e' quel voltafaccia di Andreotti neo-primo ministro al PCI, poche ore prima di chiedergli la fiducia, cioe' poche ore prima di chiedergli il permesso di nascere. Il sequestro, poi, cambia tutto, il governo in poche ore incassa la fiducia. Col senno di poi quella di Andreotti fu una mossa, forse rischiosa, ma vincente. I suoi uomini ai posti giusti, nessuna apertura al PCI, da questo nessuna opposizione, anzi un appoggio incondizionato. Il sequestro fu un deus ex machina, l'entrata vera del PCI nelle responsabilita' di governo era, per Berlinguer, posticipata, ma in verita' era semplicemente morta.
Berlinguer pronuncera' alla camera un altro discorso, scritto in fretta e furia da solo mentre la direzione del partito era riunita per decidere cosa fare in quella tragica mattinata.
Entrambi i discorsi, quello pronunciato e quello non pronunciato, sono estremamente belli ed eleganti. Quello pronunciato lo si trova facilmente in rete, mentre quello cancellato purtroppo no. Ovviamente l'accento cadeva, nel discorso alla camera, sul sequestro e su come lo stato doveva reagire unito, coerente e deciso (il PCI fu sempre contro la linea di dialogo coi terroristi, nella sua premura a distaccarsi nettamente coi "compagni" armati). Scegliendo di fornire appoggio al governo vista la situazione, non lasciava cadere pero', Berlinguer, la maniera in cui quel governo stava per essere messo in piedi. Parlando dell'entrata del PCI nella maggioranza disse:
"[...]Per noi comunisti tale soluzione politica e' chiara ed e' positiva per il Paese. Essa si compendia nel fatto che, in luogo di una divisione e di uno scontro tra le forze politiche fondamentali ha prevalso sia pure faticosamente e in modo non pienamente adeguato alla situazione, la linea della solidarieta', della corresponsabilita' e della collaborazione. Che ha trovato espressione nella costituzione di una chiara ed esplicita maggioranza parlamentare, qualitativamente diversa da quelle succedutesi da trent'anni a questa parte, in quanto tra i cinque partiti che la compongono figura finalmente anche il PCI... L'opposizione della DC ha impedito che la crisi si concludesse con la costituzione di un Governo di unita' nazionale e democratica, del quale facesse parte anche il PCI. Non si e' raggiunta cioe' la soluzione che noi abbiamo considerato e consideriamo la piu' adeguata per soddisfare le esigenze del paese. Si e' costituito invece un governo che, per il modo in cui e' stato composto, ha suscitato e suscita, come e' noto (ma io non voglio insistere in questo particolare momento su questo punto), una nostra severa critica e seri interrogativi e riserve. E, tuttavia, nella forma in cui ha trovato espressione la solidarieta' tra cinque partiti democratici e popolari, c'e' la novita' costituita dal nostro ingresso, chiaro ed esplicito, nella maggioranza parlamentare. Non ci sono dubbi possibili sulla rilevanza politica di questo fatto: ed e' per questo fatto nuovo che la crisi governativa teste' conclusa avra' un suo posto e potra' essere ricordata nella storia politica e parlamentare del nostro paese."
Il dubbio
Quindi fiducia fu. Ma un tarlo rovina le orecchie dei curiosi e dei malati di ipotesi irrealizzabili:
Cosa sarebbe successo se Moro non fosse stato rapito?
Avrebbe il PCI dato la fiducia a quel governo cosi' composto (o imposto)?
La risposta esisterebbe se la direzione del PCI avesse preso una decisione ufficiale prima della discussione in aula quella mattina. La cosa purtroppo non si e' verificata. E' prassi quella di prendere decisioni importanti solo dopo aver ascoltato da una parte la presentazione del presidente del consiglio incaricato, dall'altra la discussione in aula che ne segue. E quindi anche terminare discorsi solo abbozzati, in cui mancano le conclusioni.
Tale e' il discorso non pronunciato da Berlinguer quella mattina, incompleto della parte rilevante sulla dichiarazione di fiducia o meno a quel governo. Peccato.
Documenti
Andando allora difficilmente a scovare quello che ricordano i presenti all'epoca, trovo che Giorgio Frasca Pollara da' come "incertissime le conseguenze" agli "ultimi ma non concordati" ritocchi della lista dei ministri di Andreotti, "Inevitabile e sacrosanta l'irritazione di Berlinguer e Natta", anche se la decisione finale sarebbe stata presa dal PCI solo dopo l'esposizione programmatica di Andreotti. Pur essendoci "opinioni diverse, contrastanti" all'interno del PCI, se la situazione non fosse precipitata con il sequestro di Moro, egli pensa "che il PCI avrebbe preso cappello" e non sarebbe entrato nella maggioranza.
Oppure in un intervista, Pietro Ingrao racconta che quello era un "Un governo nei confronti del quale il PCI, dopo un'estenuante trattativa condotta sino all'alba di quel 16 marzo, aveva forti riserve a causa della presenza di alcuni esponenti DC come Antonio Bisaglia, Gaetano Stammati e Antonio Gava."
Tutta questa storia per me nasce, come mi capita sempre piu' spesso, da wikipedia. E da una differenza, quasi una contraddizione, a due voci diverse su persone molto diverse: Berlinguer e Andreotti. La gente che scrive su wikipedia.it alla voce Berlinguer sembra avere le idee chiare:
"Nasceva, questo governo, con alcuni membri assolutamente sgraditi al PCI, come Antonio Bisaglia e Gaetano Stammati, la cui inclusione nella compagine ministeriale era stata operata da Andreotti giusto la notte precedente la presentazione alle Camere; insieme con Alessandro Natta, capogruppo alla Camera, Berlinguer dovette percio' sveltamente decidere di ritirare l'appoggio al governo, rinunciando alla partecipazione del PCI alla maggioranza. La stessa mattina del 16 marzo, giorno previsto per la presentazione parlamentare del governo tanto faticosamente messo insieme, e ad accordi appena infranti, Moro fu rapito (e sarebbe poi stato ucciso) dalle Brigate Rosse. Berlinguer intui' immediatamente la "calcolata determinazione" di un attacco che pareva studiato per mandare a pallino tutto il lavoro occorso per raggiungere la solidarieta' nazionale e propose di concedere a questo pur non accetto governo la fiducia nel piu' breve tempo possibile, per potergli assicurare pienezza di funzioni in un momento cruciale della democrazia italiana. La fiducia fu dunque data, ma non senza che Berlinguer precisasse per bene che l'espediente di Andreotti, che suonava di repentina modifica unilaterale di accordi lungamente elaborati, era stato soltanto "superato dagli eventi", la questione non era in realta' affatto chiusa, solo rinviata. Se Moro non fosse stato rapito, il PCI avrebbe dato battaglia ad Andreotti, ma "sia pure faticosamente e in modo non pienamente adeguato alla situazione", gli fu risparmiato."
Purtroppo pero' non vengono fornite fonti. Male per quanto mi riguarda e per la politica di wikipedia.
Alla voce di wikipedia.it su Andreotti invece il tutto viene passato in poche righe:
"Questo governo [Andreotti III] cadde pero' nel gennaio del 1978. Pochi giorni prima del suo sequestro, Aldo Moro spinse alla creazione di un nuovo esecutivo, presieduto sempre da Andreotti, un monocolore DC: stavolta il sostegno parlamentare di tutti i partiti (ad eccezione del Movimento Sociale Italiano) si espresse con il voto favorevole alla fiducia, contrattata gia' prima del sequestro ma riconfermata con rafforzata decisione per fronteggiare il delicato periodo che l'Italia viveva, con il sequestro da parte delle Brigate Rosse, di Aldo Moro. Era la solidarieta' nazionale."
Questa disparita' tra le due voci mi ha spinto a cercare meglio, ma purtroppo la conclusione e' che, non essendoci stata una presa di posizione ufficiale del PCI prima del sequestro, come era ragionevole, il PCI ufficialmente non cambio' mai idea e ingoio' la lista di Andreotti come un brutto rospo.
La risposta poteva stare nel bellissimo discorso non pronunciato da Berlinguer, ma chiaramente non e' da lui stato scritto. Molto spazio viene dedicato a cercare di capire cosa stava dietro quel muro di ostilita' che le correnti DC alzavano contro il nemico rosso. Un'analisi di psicologia politica e un attacco al cuore dell'avversario che si riteneva, a torto, il solo detentore dei valori democratici:
"Come mai, pero' -dobbiamo pur domandarcelo-, la democrazia cristiana, questo partito che ha la maggioranza relativa che riceve il suffragio dal 39 per cento degli elettori, che ha, quindi, un mandato cosi' ampio di rappresentanza dei cittadini italiani, ha un concetto e una posizione cosi' ristretta della emergenza e della maggioranza parlamentare?
Non e' nostro interesse ne' abitudine entrare nelle cose interne della vita di altri partiti, anche se altri partiti amano invece immischiarsi nelle nostre per ricavarne considerazioni a vanvera e deduzioni di comodo. Ma riteniamo legittima la domanda che ci siamo posti e chiediamo al partito democristiano di verificare -e naturalmente anche di contestare- la risposta che noi vogliamo darle.
La DC ha una concezione cosi' limitata dell'emergenza e una posizione cosi' angusta e limitativa della maggioranza parlamentare in definitiva per una ragione: perche' ha paura. Ha paura di avere con noi, qui in parlamento, di fronte al paese e dentro il paese, proprio quel confronto libero e aperto, pienamente e concretamente politico su ogni terreno, per ogni questione e senza limitazione di durata nel tempo, che essa pur proclama essere la sua linea."
La condotta della DC in quel momento di crisi ed emergenza viene paragonata indimenticabilmente a uno dei piu' tipici caratteri e personaggi italiani:
"Un grande romanziere cattolico del secolo scorso, molto attento e molto impegnato nella vita civile, che non voleva pero' una politica cristiana ma voleva solo che la politica, anche per il concorso dei cristiani, fosse all'altezza dei suoi tempi - dico il Manzoni, che non era un integralista ante litteram ma un cavouriano - ebbe a usare una mirabile litote per descrivere il carattere di Don Abbondio: disse che non aveva un cuor di leone e che uno se il coraggio non ce l'ha non se lo puo' dare. E invece noi invitiamo pressantemente la democrazia cristiana a fare ogni sforzo per darselo il coraggio che occorre, altrimenti noi non possiamo non denunciare la sua precisa responsabilita' di fronte al Paese poiche' con la sua condotta priva di coraggio essa indebolisce la solidita' di quel quadro politico che e' il solo a consentire di uscire dall'emergenza.
In conclusione la democrazia cristiana ha preferito la sua unita' di partito all'unita' del Paese, il consenso unanime di tutte le sue interne componenti al consenso del popolo italiano, ha scelto la salvezza sua, non quella della nazione."
A tratti Berlinguer sottolinea l'importanza dell'entrata del PCI nella maggioranza, ma nell'ultima parte scrive:
"Il primo e piu' evidente prezzo fatto pagare [dalla DC] al Paese per salvaguardare la propria unita' interna e' stata la composizione del governo. Un governo che non si puo' non definire, per il modo in cui e' stato formato e in alcuni suoi uomini, come un governo non solo vecchio ma privo del necessario prestigio, della necessaria unita', del necessario grado di competenze.
Questo risultato che ha sollevato e continua a sollevare tante piu' che giustificate critiche e' dovuto forse alla responsabilita' diretta del presidente del consiglio. Io non credo che debba imputarsi all'onorevole Andreotti la colpa di averci presentato una simile galleria di personaggi. E' da imputarsi piuttosto a quel concetto e a quel costume in base ai quali il partito democristiano si e' mosso finora per imporre la propria unita', la quale piu' che da una linea politica complessiva e unitaria viene garantita solo attraverso la soddisfazione di tutte le pretese di ogni suo gruppo e corrente.[...] Cio' che rimproveriamo al gruppo dirigente democristiano e' la mancanza di un criterio e di uno stile tali che pur tenendo conto della realta' delle correnti, avessero evitato la riconferma in certi dicasteri delicati e dissestati di uomini che non hanno fatto buona prova come ministri della repubblica e che percio' non danno al paese la garanzia di fare tutto quello che occorre per uscire dalla crisi, ma anzi fanno solo crescere i timori che dal male si passi al peggio."
In conclusione
Insomma, alla domanda che mi attanagliava non si puo' dare putroppo altra risposta che: il PCI ufficialmente non ritiro' mai l'appoggio a quel governo, anche dopo la pubblicazione della lista dei ministri. Comunque e' evidente che, se non fosse stato rapito Moro, la battaglia ci sarebbe stata, prima interna ai partiti per far comune una linea di pensiero, poi pubblicamente in aula. Cosa sarebbe successo senza il sequestro, rimane comuque nell'alone del mistero. Pero' quello che mi premeva era mettere in luce le dinamiche, le scelte e quindi le responsabilita' dei protagonisti di quei giorni. Perche', alcuni tra loro, rimasero protagonisti con le stesse dinamiche, scelte e responsabilita' per decenni, fino ad oggi.
REF.
Wikipedia.it: Enrico Berlinguer
Wikipedia.it: Giulio Andreotti
Wikipedia.it: Aldo Moro
brigaterosse.org
Metaforum: Berlinguer
- Il Discorso di Berlinguer pronunciato alla camera il 16 Marzo 1978
- La bozza di discorso alla camera di Berlinguer, non pronunciato il 16 Marzo, appartiene alla Fondazione Gramsci, ed e' stato pubblicato dalla Camera nel libro: Discorsi parlamentari di Enrico Berlinguer, Presentazione di W. Veltroni, introduzione di D. Sassoon; a cura di M.L. Righi. 2001, pp. L-406, Euro 28,40 (DP02800)
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