October 8, 2008

La 122 ben temperata.

Suonando la chitarra puo' nascere la domanda (o no?) del perche' i capotasti sono disposti in quella maniera non uniforme sul manico. I capotasti sono quelle stanghette di metallo che stanno perpendicolari alle corde sul manico e delimitano "le note" della chitarra (mentre in strumenti quali violini, viole o contrabbassi non esistono).

E allora mi sono chiesto perche' la loro distanza nella chitarra diminuisce, e soprattutto di quanto diminuisce, perche' mi sapeva di cosa interessante. E in effetti lo e' (o no?). E la cosa porta lontano, agli arbori della musica come la conosciamo noi occidentali. Pur essendo un totale ignorante di storia della musica, mi arrischio a una spiegazione che sara' piena di errori storici (spero meno matematici).

Prima che Bach la rendesse ufficialmente riconosciuta, la musica (o meglio il modo di suonarla e scriverla) era diversa. La ragione stava nei suoi mattoni fondamentali, le note. Le note non erano quelle che noi conosciamo. Ogni nota e' in verita' una frequenza di un'onda acustica, quindi le frequenze usate, diciamo nel medioevo, non erano quelle che usa Max Pezzali oggi giorno (il che porta a chiedersi se ci sia stata vera evoluzione).

La ragione di questa differenza sta nelle scale usate. Prima di Bach (che uso come riferimento non so quanto correttamente) impazzava la scala Pitagorica o una sua parente chiamata Naturale, mentre Bach e Max Pezzali decisero che quella non andava troppo bene e coniarono insieme quella cosidetta Temperata. Bach quindi scrisse Il clavicembalo ben temperato e Max Pezzali Sei un mito. Entrambi ebbero un discreto successo, a dimostrazione del fatto che l'orecchio delle persone non e' troppo sensibile a stonature e piccole imprecisioni in frequenza.

Problemi Pitagorici

Perche' le stonature c'erano. Per gli 883 e' facile immaginarlo, ma anche per Bach non ci si puo' esimere dalla constatazione. Perche' stonature? La scala Pitagorica e' naturale in quanto si basa su un principio immediato: la divisione in due di un intervallo o di una corda di chitarra. Dividendo a meta' una corda (sempre alla stessa tensione) si ottiene il doppio della sua frequenza. Dal principio della divisione a meta' si possono generare tutte le note. E all'orecchio umano questo piace, l'armonia tra le frequenze generate pare naturale. Ma esistono problemi, legate alle terribili quinte del diavolo e al loro famigerato Circolo delle quinte, che mai puo' essere chiuso.

La quinta e' la nota che si ottiene moltiplicando una frequenza fo per 1.5, cioe' 3/2 (cioe' aggiungendole meta' di se stessa, cosa che Pitagora ama fare sempre). La quinta di Do e' Sol per esempio, ovvero fsol = 1.5 fdo. Il problema con Pitagora e la sua scala e' che se parto da Do e salgo in frequenza sempre di quinta in quinta, prima o poi vorrei tornare a un Do. Di qualche ottava sopra, ma sempre un Do vorrei. E invece no.

Per ottenere la stessa nota ma all'ottava superiore devo raddoppiare la sua frequenza. I chitarristi sanno che bisogna dividere a meta' una corda per salire di un'ottava, ridurla a un quarto per salire ancora di un'altra ottava, etc. Quindi se parto da una frequenza fo, alla seconda ottava avro' 2fo, alla terza ottava la frequenza sara' 4fo e cosi' via. Alla n-esima ottava la frequenza sara' in generale 2nfo.

Quindi Pitagora con la sua scala vorrebbe che, salendo di quinta in quinta, da una frequenza fo si possa arrivare a una qualche ottava di fo. Salire di quinta in quinta da fo, diciamo un numero m di volte, significa passare dalla frequenza fo alla frequenza 1.5mfo (seguendo lo stesso ragionamento fatto sopra per il "passare di ottava in ottava", ma con 1.5 invece di 2). Ed ecco il problema. Pitagora vorrebbe quindi che fosse vero, per qualche ottava n e qualche quinta m, che 1.5mfo = 2nfo, ovvero che 1.5m = 2n . Ma la cosa non e' possibile perche' non esistono due numeri n, m tali da rendere vera quest'espressione.

Quindi. Bhe' il problema con la scala Pitagorica era quindi che allontanandosi dalla nota iniziale non si tornava precisamente a quella stessa dopo qualche ottava (dovrebbero essere n = 7 ). La cosa rendeva complicato sia suonare che scrivere musica, soprattutto da quando i compositori iniziarono a non limitarsi alle solite poche ottave nelle loro composizioni. E' come dire che il Do alla destra della tastiera di un pianoforte era stonato con quello alla sinistra. Inaccettabile per Bach quanto per Max Pezzali (pur utilizzando lui al massimo tre note, era quella una questione di principio).

Stemperare via la linearita'

Quindi come fare? Da una parte la Scala Pitagorica era naturalmente armoniosa per via delle divisioni a meta', dall'altra non poteva chiudere il circolo delle quinte malefiche. La soluzione fu di approssimare e lasciar passare piccole imperfezioni di frequenze per ottenere un pianoforte e una chitarra possibile da accordare e suonare. Bach capi' che era piu' importante avere lo stesso Do su tutta la tastiera del suo piano, piuttosto che salvaguardare delle armonie naturalmente "lineari". D'altra parte, ebbe a pensare, chi in futuro avrebbe apprezzato Max Pezzali di quelle piccole imperfezioni pitagoriche non avrebbe certo fatto troppo caso. E Sei un mito pote' librarsi in cielo, e il Karaoke vedere la luce del giorno quando l'umanita' fu finalmente pronta.

Il problema era riuscire a dividere l'intervallo di un'ottava (cioe' da fo a 2fo) in 12 parti (perche' compresi i # le note sono 12) in maniera speciale. Cioe' in maniera che le frequenze di due note successive stessero sempre nello stesso rapporto. Vediamo come e poi il perche' si capira'.

Se parto dalla frequenza fo, voglio che dopo 12 di questi intervalli la nota sia la stessa ma un'ottava sopra, cioe' 2fo. Diciamo che f1 e' la frequenza della nota successiva a fo in questa nuova scala, e f2 quella successiva a f1, etc. (Quindi sarebbe per esempio: fo = Do, f1 = Do#, f2 = Re, etc.). Allora dicevamo che dobbiamo avere la dodicesima nota della scala uguale alla prima ma un'ottava sopra, cioe' f12 = 2fo .

Inoltre, pero', vogliamo che due note successive stiano sempre nello stesso rapporto. Chiamiamo questo rapporto x, e il problema diventa trovarlo. Quindi deve succedere che:

f1 = fo x
f2 = f1 x = fo x2
f3 = f2 x = fo x3
(...)
f11 = f10 x = fo x11
f12 = f11 x = fo x12 = 2fo

E finalmente dall'ultima relazione si arriva a trovare che il rapporto tra due frequenze successive che risolverebbe tutti i problemi e' x = 122 ( = 1.0594..., numero irrazionale, che non e' un giudizio su di lui ma indica che non e' un numero esprimibile tramite frazione). Pezzali esulta, i suoi dischi sono salvi. Per passare da una nota fn alla successiva fn+1 dobbiamo moltiplicare la frequenza della prima per x = 122 . Ecco inventato il semitono.

Infatti vediamo cosa succede con le quinte (il perche' di questa scelta). Un intervallo di quinta (da a Do a Sol per esempio) contiene 7 semitoni, quindi la quinta di fo e'

f7 = fo ( 122 )7

cioe' il rapporto di quinta e' f7 / fo = ( 122 )7 = 1.4983..., invece del pitagorico 1.5 . Differenza minima, l'orecchio non se ne accorge. In piu' la cosa importante e' che se ora da fo saliamo di ben 12 intervalli di quinta (quindi 12 volte 7 semitoni) si ottiene:

f( 7 x 12) = fo[( 122 )7]12 = fo 27,

il che significa che dopo 12 intervalli di quinta ( f( 7 x 12) ) finalmente ritroviamo perfettamente un'ottava (la 7ma ottava) della nota di partenza fo (cioe' fo 27). Il circolo delle quinte e' finalmente chiuso.

Capotasti

Tornando ai capotasti della chitarra, da cui tutto e' nato, la cosa e' esattamente la stessa, tranne per il fatto di ricordarsi che la frequenza di una corda e' inversamente proporzionale alla sua lunghezza l. La nota fo viene dalla corda intera lo, la nota al primo capotasto f1 viene dalla lunghezza della corda l1, .... Allora le lunghezze della corda alle varie note della scala devono essere (vale sempre x = 122 ) :

l1 = lo / x
l2 = lo / x2
(...)
ln = lo / xn

Se cerchiamo di quanto sono spaziati i capotasti fra loro, la lunghezza di tastiera compresa tra due capotasti successivi (n-esimo e (n+1)-esimo) sara'

cn = ln - ln+1 = lo (1/xn-1 - 1/xn)

Cosicche' il primo capotasto e' lungo il 5.61% di lo, il secondo 5.29%, il terzo 5.00%, ... , il dodicesimo 2.80%. Vabbe', chi vuole puo' costruirsi una chitarra ora. Lasciare il commento Sei un mito sara' apprezzato ma non vale.

3 comments:

Anonymous said...

un mito non lo so...
pero' se riesci a rianimare l'uomo ragno batti un colpo

:D

Anonymous said...

Cerco di contribuire come posso a questo interessante argomento e mi riprometto di approfondirlo.
intanto ecco quello che so:
- prima di Bach c'era il canto gregoriano, basato sulla voce che riproduceva la scala naturale (legata agli armonici).
- bach ha introdotto (o perfezinato) il temperamento equabile, che ha permesso la costruzione di strumenti temperati in grado di suonare "bene" in tutte le tonalità (piano, chitarra ecc).
E' interessante notare che, almeno questo è quello che so, questo passaggio è stato possibile grazie alla scoperta del logaritmo.
Un'altra cosa interessante è che si è persa in occidente la terza naturale, che è una delle caratteristiche note blues (che contribuisce a generare le sonorità così affascinanti di quell'idioma)... insieme alla settima (l'altra nota blues).
ciao
Marci

franx said...

grande Marci,
-il logaritmo: deve essere certamente vero. Il logaritmo e' stato inventato nel 1614, poco prima che Bach nascesse.
Ancora un po' matematicamente potrei insistere e dire che, da quello detto, il numero di semitoni tra due note (per esempio 7 semitoni tra f_0 e f_7) e' l'esponente da dare alla famosa radice 12esima di 2 per ottenere il rapporto delle loro frequenze (f_7 / f_0). Cioe' il logaritmo (in base radice 12esima di 2) del rapporto delle frequenze.
- la terza blues: wikipedia conferma:
L'origine della blue note è da ricercarsi nelle scale non temperate utilizzate dagli schiavi afro americani (in particolare la scala pentatonica), che dettero origine alla scala blues.
grazie e a presto!